La pedalata
Dai ricordi di Bortolo Pessotto

Era l'agosto dell'anno 1943 e il sottoscritto, alpino Bortolo Pessotto, classe 1923, allora abitante in via Barbeano, apparteneva al Btg. Gemona, che si trovava nella caserma di Tricesimo. Il battaglione, decimato da perdite consistenti (basti pensare all'affondamento della «Galilea») era da poco tempo rientrato dalla Slovenia italiana per fondersi col Btg. Val Fella al fine di ricostituire un reparto più consistente.
I soldati erano in attesa di ripartire per una destinazione ancora ignota, quando si seppe che la partenza era prevista per l'indomani pomeriggio. Pensai che non avrei avuto in seguito un'occasione propizia per rivedere i miei familiari, e quindi decisi di approfittare della giornata libera da servizio per cedere alla tentazione di recarmi a Spilimbergo, pur senza chiedere il permesso ai superiori, permesso che certamente non mi sarebbe stato concesso. Così, insieme al commilitone di Barbeano Pietro Francesconi, decisi di «scappare». Raggiungemmo dapprima Udine in treno e lì poi cercammo una bicicletta da affittare. Succedeva però che anche molti altri militari avessero avuto la stessa idea, così che noi due, esaurite la biciclette a disposizione, dovemmo accontentarci di noleggiare un tandem. Partimmo di buona lena da Udine verso casa. Si sa che a pedalare si suda e che bisogna reintegrare i sali minerali persi, così decidemmo di fermarci in un'osteria di Martignacco per riprenderci un po'.
Quando ripartimmo ci accorgemmo che la pedalata era diventata molto più faticosa, come se fossimo in salita. Imputammo la causa di questa inattesa fatica al vino bevuto, che probabilmente non era dei migliori e aveva perciò influito sulla nostra forma fisica, oppure l'ultimo bicchiere forse era stato di troppo. C'era anche una terza ipotesi che era venuta in mente a ciascuno dei due, ma che nessuno manifestava: il compagno faceva il furbo e solo fingeva di pedalare.
Ad ogni modo non ci curammo più di tanto: a vent'anni la fatica non è un grosso problema, e pedalammo fino a Dignano. Giunti sul Tagliamento, controllando meglio la bicicletta, ci accorgemmo che, da quando ci eravamo fermati all'osteria, i freni posteriori erano rimasti bloccati, e avevamo fatto tutta la strada rimanente in quelle condizioni. I gommini dei freni erano quasi del tutto consumati ed il cerchione era talmente caldo che ci si poteva accendere una sigaretta.